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Weekly paper - Keir Starmer e la nuova era post-Brexit
di Andrea Ruggeri - SF Club Statale

Dopo anni di tensioni, distanze diplomatiche e frizioni commerciali seguite alla Brexit, il Regno Unito compie il primo vero passo verso un riavvicinamento all’Unione Europea. Il premier laburista Keir Starmer, forte di una storica vittoria elettorale, sceglie la via del pragmatismo e rilancia il dialogo con Bruxelles. L’accordo raggiunto alla Lancaster House segna una svolta nei rapporti bilaterali: difesa, mobilità giovanile, energia e commercio tornano al centro di una cooperazione che, pur fermandosi lontano dal mercato unico, apre nuovi spazi di intesa. In un contesto geopolitico segnato da un’instabilità internazionale, Londra e Bruxelles comprendono la necessità di camminare, almeno in parte, fianco a fianco.
Quadro politico
Dopo 14 anni, caratterizzati dalla austerity di David Cameron, le complicate trattative con l'Europa portate avanti da Theresa May, il biennio pandemico di Boris Johnson, il thatcherismo durato meno di due mesi dell'ultra liberista Liz Truss e la vaghezza del ricchissimo anglo-indiano Richi Sunak, i laburisti tornano al potere. Il 4 luglio 2024 Keir Starmer, leader dell’opposizione, nonché massimo esponente del partito laburista britannico, ottiene una maggioranza mai vista in tempi recenti e fa il suo ingresso al numero 10 di Downing Street. Durante la sua campagna elettorale riscuote molto successo ma non è di certo il suo carisma a scaldare i cuori dell’elettorato, che al contrario lo definiva rigido e poco empatico. A colpire è stato, piuttosto, il suo profilo “ordinario”, un segnale di stabilità da tanti desiderato dopo gli eccessi che hanno contraddistinto i primi ministri dal piglio populista.
Il punto chiave della sua ascesa politica è stato la sua posizione nei confronti della Brexit: ha promesso di mantenere il Regno Unito fuori dal mercato unico europeo ma si è detto favorevole a un riavvicinamento con Bruxelles. Ciò gli ha garantito un grande sostegno elettorale, soprattutto da parte dei “brexiteers” che si sono pentiti del loro voto in favore del “Leave” al referendum del 2016.
Sebbene sia chiaro a tutti che ormai sulla questione Brexit sia difficile tornare indietro, l’opinione popolare si è sbilanciata in favore di un riavvicinamento tra le due sponde della Manica e si è lasciata incantare dalle promesse di Starmer.
Il summit
A inizio febbraio il nuovo primo ministro britannico ha fatto il primo passo: si è presentato straordinariamente a un vertice tra i capi di Stato e di Governo europei al Palais d’Egmont a Bruxelles per discutere l’impatto della nuova politica commerciale del neo-presidente americano Donald Trump. La sua presenza, in realtà, non è stata troppo inaspettata. Nei mesi precedenti Starmer aveva ribadito il sostegno del Regno Unito all’Ucraina di fronte all’aggressione russa ed aveva incontrato Zelensky a Londra garantendogli ingenti aiuti. Ciò gli ha permesso di inserirsi nel dibattito tra il leader ucraino e il presidente Trump, assumendo il ruolo di mediatore tra Europa e Washington, in un momento in cui il dialogo non è affatto semplice. Il risultato? Il nuovo premier si guadagna il soprannome di Winston Starmer (il riferimento è a Churchill) e un invito a cena al Palais d’Egmont. Qui Starmer mette sul tavolo dei 27 diversi temi, tra cui difesa, sicurezza, criminalità e commercio e rinvia l’ufficializzazione di nuovi accordi UE-UK ad un summit in terra inglese.
È così che il 19 maggio alla Lancaster House di Londra il premier inglese ha accolto i rappresentanti del Coreper, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, Antonio Costa, presidente del Consiglio Europeo, Kaja Kallas, responsabile della politica estera dell’Unione e Maros Sefcovic, commissario europeo per il commercio.
Sebbene alla vigilia di questo incontro i conservatori avevano parlato di "summit di resa" e i riformisti dell’opposizione avevano annunciato "la grande svendita britannica", Sir Keir Starmer è riuscito a dimostrare che il nuovo accordo è nato da un punto di convergenza tra necessità complementari: se da un lato il Regno Unito ha bisogno di migliorare il commercio con i partner europei per rientrare in un mercato da cui sono stati esclusi in seguito alla Brexit, dall’altro l’Unione Europea, che si trova ad affrontare una serie di sfide geopolitiche senza precedenti – tra cui Trump, le minacce della Russia e un Medio Oriente instabile – ha bisogno di avvicinare i britannici in materia di politica estera, di sicurezza e di difesa.
L’accordo
L’accordo riguarda di fatto un partenariato per la sicurezza e la difesa, una dichiarazione di solidarietà tra Gran Bretagna e Unione Europea e un’intesa comune su temi che vanno dalla pesca al commercio, dall’energia alla mobilità giovanile.
Il nodo sicurezza e difesa
Il punto d’intesa più importante e meno controverso è sulla sicurezza e sulla difesa. Per Bruxelles, alla luce delle tensioni internazionali e in particolare del conflitto tra Russia e Ucraina, è importante collaborare con il Regno Unito, la maggiore potenza del settore in Europa. A questo proposito, l’UE sta valutando la possibilità di permettere alle imprese britanniche di accedere al fondo di 150 miliardi di euro stanziato tramite il programma per il riarmo SAFE (Security Action For Europe).2
I dettagli di questa partecipazione devono ancora essere specificati, tuttavia sono già sorte delle opposizioni. Da una parte i francesi preferiscono dare la precedenza alle imprese europee, dall’altra i conservatori inglesi Alex Bughart e Richard Tice hanno precisato che il pilastro della difesa britannica è la NATO e che non sussiste alcun motivo per cui essa non sia sufficiente. A queste ultime dichiarazioni non si è fatta aspettare la risposta di Kevin Craven, CEO del gruppo ADS (associazione commerciale britannica che rappresenta le aziende del settore aerospaziale, della difesa e della sicurezza), il quale ha sottolineato come ciò possa rappresentare un’opportunità di crescita economica e allo stesso tempo una risposta alle necessità dell’Ucraina. Si stima che il Regno Unito potrebbe aumentare la produzione di difesa dell'UE di un quinto.
Per il momento, l’unica decisione certa in tema di difesa e sicurezza è che il Regno Unito aderirà al progetto PESCO (Cooperazione strutturata permanente) dell’UE sulla mobilità militare, volto ad accelerare lo spostamento di truppe ed equipaggiamenti all’interno e all’esterno del blocco. In realtà, il via libera dei 27 Stati membri richiede ancora dei passaggi burocratici. Il processo è in corso, e si basa su una notifica del coordinatore del progetto, che dovrà passare attraverso il Consiglio e ricevere un parere dal Comitato per la sicurezza. Una volta superato questo stadio, la richiesta sarà inoltrata al Consiglio per una decisione finale.
Al di là dei passaggi formali, l'adesione di Londra lancia sicuramente un segnale importante dinanzi alle tensioni crescenti sul fronte russo.
Pesca
L’altro settore su cui è stata raggiunta un’intesa è la pesca. Sebbene rappresenti una parte molto piccola dell'economia del Regno Unito - solo lo 0,04% del PIL nel 2024 - è una questione politicamente sensibile. I pescatori britannici, in particolare scozzesi, vorrebbero bloccare l’accesso alle loro acque territoriali ai pescherecci europei, soprattutto francesi, in modo tale da aumentare la loro fetta di export verso l’Europa continentale.
L’ex premier Boris Johnson nel 2021 aveva accettato l’accesso dei pescherecci UE fino al giugno 2026. L’intesa di maggio con l’Unione ha prorogato di altri 12 anni, fino al 2038, questo diritto di accesso.
La reazione dell’opposizione non si è fatta attendere: la leader dei conservatori Kemi Badenoch si è detta molto preoccupata da un accordo che sembra segnare un ritorno alla giurisdizione di Bruxelles. Starmer, invece, ha precisato che non ci sarà un aumento della quantità che le imbarcazioni UE possono pescare nelle acque britanniche. Inoltre, ha annunciato la creazione di un nuovo fondo per la pesca e la crescita costiera da 360 milioni di sterline che investirà in nuove tecnologie e attrezzature.1
Esportazioni agricole
In cambio dell'estensione delle attuali normative sulla pesca, il Regno Unito ha ottenuto un accordo per ridurre i controlli sulle esportazioni alimentari verso l'UE.
Si tratta di una notizia importante per il commercio britannico in quanto, a partire dalla Brexit, le merci del Regno Unito dirette verso l'UE, inclusi i prodotti alimentari, sono state sottoposte a nuovi controlli e documentazione aggiuntiva. Ad alcuni prodotti, come gli hamburger e le salsicce crude, sono stati imposti divieti d’ingresso nell'UE perché non soddisfavano le sue rigorose norme d'importazione. Di conseguenza le vendite alimentari del Regno Unito verso l'Unione sono diminuite – con i volumi nel 2024 in calo del 34% rispetto al 2019.
Il 19 maggio entrambe le parti hanno concordato di lavorare su un accordo congiunto riguardo la sicurezza alimentare che potrebbe rimuovere molte delle attuali barriere. Se firmato e pienamente implementato, questo accordo ridurrebbe la documentazione richiesta, semplificherebbe i controlli e potrebbe persino revocare i divieti su prodotti come le carni crude. Le esportazioni di cibo e bevande verso l'UE nel 2023 erano pari a 14 miliardi di sterline, rappresentando il 57% di tutte le vendite del settore all'estero.4 Ma l'accordo arriva con delle condizioni: il Regno Unito dovrà seguire gli standard alimentari dell'UE – un sistema noto come "allineamento dinamico" – e accettare che la Corte di Giustizia Europea abbia l'ultima parola su qualsiasi disputa in questo contesto.
Energia e acciaio
Anche sul fronte dell’energia e del carbone è stato raggiunto un importante accordo, che segna il ritorno del Regno Unito nel settore energetico europeo e prevede nuove tutele per l’industria siderurgica britannica. In sostanza, il Regno Unito e l’Unione Europea hanno deciso di collegare i loro sistemi di scambio delle emissioni di carbonio (ETS), con l’obiettivo di evitare l’applicazione di tasse su beni ad alta intensità di carbonio come acciaio e cemento. Questo accordo permetterà di ridurre i costi per entrambi i blocchi nel raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e di evitare distorsioni nella concorrenza commerciale a livello internazionale.
Secondo il governo britannico, l’intesa consentirà di risparmiare circa 800 milioni di sterline in tasse e proteggerà l’industria siderurgica nazionale dalle tariffe europee. Per sostenere l’accordo, il Regno Unito investirà 25 milioni di sterline all’anno.1
Inoltre, il Regno Unito avvierà trattative per poter acquistare e vendere elettricità direttamente nel mercato elettrico condiviso dell’UE. Per finalizzare questo accordo, tuttavia, sarà necessario che il Regno Unito si allinei alle norme europee, un processo che richiederà ulteriori negoziati e tempi da definire.
Passaporti
I cittadini britannici, inoltre, potranno presto beneficiare di nuove agevolazioni per viaggiare all’interno dell’Unione Europea, grazie a un’intesa che prevede l’uso dei varchi elettronici e un nuovo sistema per il trasporto degli animali domestici.
Con la fine della libera circolazione post-Brexit, i turisti del Regno Unito erano stati esclusi dall’utilizzo degli e-gates – i varchi automatizzati presenti in molti aeroporti dell’UE. Tuttavia, la Commissione Europea ha confermato che non esistono ostacoli legali che impediscano ai cittadini britannici di accedere a questi strumenti dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema digitale europeo di controllo alle frontiere, previsto per ottobre 2025.
Sebbene la decisione finale spetti ai singoli Stati membri, il governo britannico si è impegnato a negoziare un ampliamento dell’accesso agli e-gates il prima possibile, con l’obiettivo di semplificare i viaggi per milioni di turisti britannici.
In parallelo, sarà introdotto un nuovo sistema di passaporti per animali domestici che eliminerà la necessità di ottenere certificati veterinari multipli per ogni viaggio, rendendo più agevole portare cani e gatti nel continente.
Si tratta di misure attese da tempo, che potrebbero alleggerire le difficoltà riscontrate dai viaggiatori britannici negli ultimi anni e segnare un ulteriore passo verso la normalizzazione dei rapporti post-Brexit tra Londra e Bruxelles.
Mobilità dei giovani
Infine, l’UE e il Regno Unito hanno firmato un nuovo accordo per la mobilità giovanile, con l’obiettivo di facilitare l’ingresso e la permanenza temporanea nei rispettivi territori per studio, lavoro, tirocinio o volontariato. La proposta, ribattezzata "youth experience scheme", si rivolge ai giovani tra i 18 e i 30 anni e consentirebbe loro di vivere un’esperienza formativa e lavorativa all’estero per un periodo fino a quattro anni. Si tratta di un’intesa che, se confermata nei dettagli, potrebbe segnare un’inversione di tendenza nei rapporti post-Brexit, offrendo nuove opportunità per le generazioni più giovani su entrambe le sponde della Manica.
L’accordo non replica la libertà di circolazione che vigeva prima del 2020, ma introduce un meccanismo di visti semplificati e temporanei. La proposta iniziale della Commissione Europea includeva l’esenzione dal contributo al sistema sanitario britannico (NHS) per i partecipanti UE, e l’accesso alle università britanniche con le stesse tariffe applicate agli studenti nazionali.
Ma a Londra il dossier è diventato terreno di scontro. Il Ministero dell’Interno, guidato da Yvette Cooper, starebbe spingendo per limitare i visti a un solo anno e imporre un tetto massimo, così da evitare un impatto significativo sui dati ufficiali sull’immigrazione. La posizione riflette l’impegno del premier Keir Starmer a “ridurre significativamente” la migrazione netta, un punto centrale della sua agenda.
Kemi Badenoch, leader dei Conservatori, ha già criticato duramente l’accordo, definendolo “un nuovo canale per aggirare il sistema”. Sulla stessa linea Nigel Farage, leader di Reform UK, che ha parlato di “un tradimento del voto per la Brexit”. Ampio sostegno, invece, tra Liberal Democratici e Verdi, che da tempo chiedevano un rilancio delle relazioni giovanili tra Regno Unito e UE. Per David Berger, portavoce del governo britannico, lo schema “non ha nulla a che vedere con l’immigrazione”, poiché i partecipanti “torneranno nei rispettivi Paesi una volta scaduto il visto”.
L’obiettivo, spiegano da Bruxelles, è quello di rafforzare gli scambi culturali, educativi e professionali, offrendo ai giovani europei e britannici nuove possibilità di crescita. Ma resta da vedere se, tra quote, vincoli e clima politico teso, il compromesso finale sarà all’altezza delle aspettative.
Conclusioni
L'accordo rappresenta una svolta significativa nell'approfondimento dei legami nella più importante relazione commerciale del Regno Unito e apre la strada a ulteriori guadagni, pur lasciando spazio alla ricerca di altri accordi commerciali. Anche se, in definitiva, quanto concordato finora smantella solo una parte delle barriere commerciali erette dopo la Brexit.
Rimane molto rilevante la decisione congiunta di continuare a collaborare e negoziare. Come ha sottolineato António Costa, presidente del Consiglio UE, c’è fiducia reciproca tra i due partner e la volontà di fare ulteriori progressi.
Sitografia
Crediti
Autore: Andrea Ruggeri - Associato Area Editoriale
Caporedattore: Alessandro Liberati - Head Area Editoriale
Impaginazione e grafiche: Simone Triozzi - Head Area Comunicazione