Quando l’homo oeconomicus perde la testa

Gary Stevenson, giovane economista britannico ultimamente salito alla ribalta grazie ai suoi canali social, usa spesso sostenere che per capire l’economia non sia necessario tanto interpretare i complessi grafici presenti nei manuali, quanto guardarsi intorno, e capire la vera condizione finanziaria nostra, e di chi ci sta attorno.

Personalmente, simpatizzo con le teorie di Stevenson, e lo vedo mosso da una sincera volontà divulgativa in grado di migliorare concretamente la vita delle persone, d’altronde questa è anche la nostra mission, l’obiettivo per cui è nata Starting Finance.

Ciò che mi ha sempre premuto, in particolare, è proprio questa osservazione del reale, spesso dimenticata nei libri di testo per chi studia, o ritenuta marginale da quelli che, candidamente, ammettono di non capirci nulla di economia, rimandando i nodi cruciali, di questo sì complesso sistema, proprio ai suddetti grafici.

Ed è così che, guardandomi intorno, riflettendo su come agiscono le persone, un concetto dell’economia classica non mi ha mai convinto fino in fondo: l’homo oeconomicus.

Non sono certo voce isolata nel muovere questa critica, anzi, mi unisco ad un coro sontuoso, che va da Keynes, passa per la scuola austriaca e arriva fino alle più recenti interpretazioni del protagonista indiscusso dell’economia, fornite da Akerlof e Shiller, come un soggetto in preda ai più disparati istinti, che lo rendono tutto meno che quel soggetto razionale in grado di massimizzare l’utilità delle sue scelte descritto da Walras.

In questo articolo, in particolare, vorrei portare tre esempi che avvalorano questa visione alternativa; ovvero il rapporto che hanno gli Italiani con l’acqua, la cultura, ed i mezzi di trasporto. Dimostrando la loro più totale irrazionalità nel compiere queste scelte, provando a spiegarle, ed in seguito a contestualizzarle in un più ampio panorama europeo.

L’acqua del rubinetto

Un primo caso evidente riguarda il consumo dell'acqua. Nonostante l'acqua del rubinetto in Italia sia fra le più sicure e controllate d'Europa, gli italiani continuano a preferire l'acqua imbottigliata. Secondo dati forniti dal Censis, l'Italia è infatti il primo Paese in Europa per consumo di acqua in bottiglia, con circa 222 litri pro-capite annui. Una preferenza che appare paradossale se si considera che l'acqua del rubinetto comporta una spesa media annuale di appena 2-3 euro per 1000 litri, contro circa 250 euro per la stessa quantità d'acqua confezionata (fonte: Legambiente).

Molti potrebbero controbattere obiettando come l’acqua in bottiglia sia semplicemente più buona; infatti, il Censis riporta che la motivazione prevalente sia proprio il gusto (il 44,6% dei partecipanti all’indagine hanno fornito questa risposta), mentre la sicurezza compare solo al terzo posto (27,9%). 

Per carità, de gustibus non disputandum est, anzi, proprio in quest’ottica consiglio di visionare come la correlazione tra povertà ed obesità (ormai divenuta canonica nelle società occidentali) presenti in Italia diverse criticità, dovute ancora una volta a fattori culturali.

Come spiegare dunque questa scelta apparentemente antieconomica? Una risposta plausibile è data dalla percezione del valore del prodotto: l'acqua imbottigliata è percepita come più sicura e salubre, e sicuramente più buona rispetto all'acqua pubblica. A tutto questo si aggiungono evidenti fattori culturali, tali per cui insomma, nonostante il costo maggiore, il valore psicologico ed estetico, oltre ovviamente che al piacere, superano la mera razionalità economica.

Le Biblioteche

Un secondo fenomeno significativo riguarda il mercato editoriale e la fruizione di libri. Nonostante la capillare presenza di biblioteche pubbliche sul territorio nazionale, che consentono l'accesso gratuito a migliaia di volumi, le vendite nelle librerie italiane sono in continua crescita, e questo credo sia anche dovuto ad un mancato sfruttamento del nostro patrimonio librario.

Secondo l'Associazione Italiana Editori (AIE), nel 2024 il mercato editoriale italiano ha registrato una crescita del 1,1% rispetto all'anno precedente, con un volume d'affari di oltre 3,4 miliardi di euro. Rispetto ai dati del 2019 il numero di copie vendute è aumentato di 6,7 milioni, un numero impressionante, che fa riflettere, e in parte consola sullo stato culturale del paese, dato che, se la relativizziamo alla spesa per altri prodotti editoriali, il valore acquistato dei lettori è infatti superiore in Italia a quello per le Pay TV, per le programmazioni in chiaro (Canone Rai), e persino per i videogiochi.

Va segnalato però, che all’interno di questi dati vi sono anche i libri venduti alle stesse biblioteche, riguardo al quale però è difficile trovare ricostruzioni precise che ne quantifichino il peso sul conto totale.

In questo panorama sarebbe bene chiedersi che ruolo stiano giocando le biblioteche. La mia impressione, che vale quel che vale, ma credo possa essere facilmente confermata da chiunque frequenti abbastanza spesso le biblioteche comunali, è che questi meravigliosi luoghi stiano vedendo progressivamente ridursi il loro ruolo di centri di prestito, divenendo sempre più semplici sale di studio e lettura, un compito fondamentale, ma non dovrebbe essere l’unico.

Tengo a ricordare che la missione dovrebbe essere una diffusione del patrimonio culturale ivi custodito, se invece queste vengono sfruttate, come sempre più spesso accade, esclusivamente in quanto un luogo silenzioso dove si studia o si legge il materiale che già possediamo, ecco che assistiamo ad un totale snaturamento della biblioteca, dove i libri divengono mero accessorio e contorno, dove la ricerca scompare, schiacciata dall’influenza negli acquisti esercitata da tutt’altri attori, che a tutto mirano meno che ad un acculturamento dei propri clienti.

Ritornando infine sulla questione della concorrenza tra i due settori, la scelta economica razionale sarebbe ovviamente privilegiare un bene gratuito o economico rispetto all'acquisto diretto. Tuttavia, intervengono fattori di tipo emozionale, identitario e consumistico che smentiscono i criteri di pura utilità: possedere un libro, infatti, rappresenta un'affermazione sociale e culturale che supera il semplice bisogno di accedere al contenuto, e talora persino il fine della lettura.

I mezzi di trasporto

Una dinamica analoga a quella dell'acqua in bottiglia e dell'acquisto di libri emerge chiaramente nelle scelte di trasporto quotidiano. Molti italiani, pur avendo accesso a reti di trasporto pubblico relativamente efficienti ed economiche, continuano a preferire l'automobile privata, ignorando consapevolmente il sovrapprezzo in termini di costi diretti (carburante, manutenzione, assicurazioni) e indiretti (tempo perso nel traffico, inquinamento, stress).

Secondo il 21° Rapporto sulla mobilità degli italiani dell'ISFORT, la quota degli spostamenti effettuati con mezzi privati motorizzati è, salvo per il 2020 e il 2021, stabilmente intorno all’80%. Questo dato evidenzia una netta prevalenza dell'uso dell'auto privata rispetto alle alternative pubbliche.

Dal punto di vista economico, un pendolare che si sposta in auto verso le grandi città non fatico ad immaginare possa spendere qualche centinaio di euro tra benzina, parcheggi e manutenzione, contro i circa 50 euro necessari per un abbonamento mensile al trasporto pubblico pressoché nei dintorni di tutte le aree urbane. Poi ogni città fa caso a parte, e Milano, in particolare, siccome questi calcoli economici non risultano essere abbastanza convincenti nell’orientare le scelte dei cittadini, ha introdotto tutta una serie di misure che vanno dalle famigerate zone B e C, fino all’estensione dei parcheggi blu persino nella più estrema periferia; insomma misure volte a risvegliare persino la più recondita facoltà di raziocinio di questi “Homini Oeconomici” un po' distratti.

Sconfinando oltre le nostre tasche, un poco di razionalità la si potrebbe esercitare pure sul fronte ambientale, ma anche in questo caso la risposta lungi dall’essere positiva.

Il settore dei trasporti rappresenta una quota rilevante delle emissioni totali di gas serra in Italia, passando da circa il 20% nel 1990 al 25% nel 2021. Le automobili private contribuiscono in maniera significativa alle emissioni di ossidi di azoto e monossido di carbonio, con percentuali rispettivamente del 19,06% e del 9,51% sul totale delle emissioni nazionali di questi inquinanti.   Qualcuno potrebbe obiettare che questa sia una piccola porzione dell’inquinamento rispetto a quanto fanno altri settori, ed il ragionamento sarebbe relativamente corretto, ma dato che questa parte, seppur minore, si potrebbe evitare più di altre, sarebbe bene implementare comportamenti più virtuosi, dato che ne beneficerebbero sia le nostre tasche, che i nostri polmoni.

Questa preferenza per l'auto privata, in definitiva anch’essa apparentemente irrazionale, sembra motivata più da abitudine, percezioni di comodità e status sociale piuttosto che da una reale analisi costi-benefici, anche se, e questo è doveroso dirlo, in Italia ancora la maggior parte delle strade non sono adeguatamente coperte dal trasporto pubblico, e questo sicuramente inficia sui dati rispecchianti le scelte degli italiani sopra riportati.

Qualcuno potrebbe urlare all’asimmetria informativa

A buon ragione, aggiungerei. Sicuramente in certi ambiti ciò che manca è proprio un’adeguata informazione diretta ai consumatori. Sotto questo profilo le biblioteche sembrano particolarmente arretrate, da un lato perché non sono conosciute dalla maggior parte delle persone, che hanno spesso un approccio timoroso verso questi luoghi silenziosi, stesse persone che invece entrano senza timore nelle librerie. Certo è bene segnalare come questo sia un fenomeno in evoluzione, ed attualmente, soprattutto in Inghilterra, si sta lavorando per progettare e costruire una nuova concezione di biblioteca, aperta, attraente ed appariscente, con luoghi sì per studiare, ma anche luoghi per conversare, dove prendere un libro in prestito con la stessa naturalezza con la quale si prende un caffè. 

Non si può certamente muovere la stessa critica alla comunicazione riguardo l’acqua del rubinetto. In questo caso molto è stato fatto, si veda per esempio la campagna del comune di Milano per promuovere “l’acqua del Sindaco”. Forse, in questo caso, ciò che inficia sul consumo è un eccessivo scetticismo sui famosi ultimi metri di tubatura, quelli che non sono controllati dal comune, ma dai privati, dai condomìni e così via. Ad ogni modo non si tratta di dubbi indissipabili, basterebbe istituire una campagna di analisi gratuite direttamente fruibili dal consumatore, dove ognuno possa portare la propria acqua, così come esce dal rubinetto, per sincerarsi della bontà di quest’ultima.

Un alleato importante: il bookkeping

Un aspetto complementare all’asimmetria informativa è il “bookkeping”, o meglio, la mancanza di questa attività nella vita economica di molte persone. Non preoccupatevi se non sapete di cosa stia parlando, in realtà lo sapete benissimo, solamente il termine che ho scelto, ahinoi proprio come questa pratica, è un po’ desueto, e riservato sostanzialmente solo alle aziende.

Bookkeping è il termine spesso utilizzato per esprimere ciò che Benjamin Franklin consigliò nel suo pamphlet Advice to a Young Tradesman; in questo piccolo manifesto del buon capitalista Franklin consiglia esplicitamente:

“Beware of thinking all your own that you possess, and of living accordingly. ’Tis a Mistake that many People who have Credit fall into. To prevent this, keep an exact Account for some Time of both your Expences and your Incomes. If you take the Pains at first to mention Particulars, it will have this good Effect; you will discover how wonderfully small trifling Expences mount up to large Sums, and will discern what might have been, and may for the future be saved, without occasioning any great Inconvenience. In short, the Way to Wealth, if you desire it, is as plain as the Way to Market. It depends chiefly on two Words, Industry and Frugality”.

Perdonerete la citazione integrale, ma ritengo che questo sia essenzialmente il miglior consiglio economico che chiunque potrà mai darvi. Questo perché credo che la mancata accortezza contabile di entrate ed uscite della propria finanza personale sia, insieme all’asimmetria informativa, e a mio avviso anche in misura maggiore a questa, la principale causa delle tante situazioni di dissesto finanziario di molti.

Franklin tocca i tasti giusti, asserendo esplicitamente che all’inizio “potrebbe far male”, ma poi gli effetti si rivelerebbero di gran lunga benefici. Se solo le persone contassero quanto gli costa, in rapporto al loro patrimonio, compiere tante spese insignificanti come a prima vista potrebbero apparire l’acquisto di alcuni libri in più, qualche bottiglia d’acqua e prendere l’auto invece che un mezzo del pubblico trasporto, e magari facessero una proiezione di quanto gli sia costata negli anni questa routine, confrontandola ad una simulazione di quanto ammonterebbero gli stessi soldi se invece che spesi fossero stati investiti anche in un semplice buono postale, molti sin da subito, potrebbero capire quanto avrebbero potuto mettere da parte, e allo stesso tempo quanto potranno fare per il futuro.

Certo è che la ricchezza economica non è l’obiettivo di tutti, e persino un capitalista convinto come Franklin attenziona questo punto, ma la stabilità, la tranquillità economica tale per cui ognuno disponga di un piccolo fondo quantomeno per le inconvenienze, quello si che credo sia un obiettivo che come società dovremmo perseguire; e potrà sembrare strano, ma ciò dipende, nello scenario micro che più micro non si può, dal fatto che ognuno di noi scelga di comprare un libro invece che di noleggiarlo o prenda la macchina invece dell’autobus, ma soprattutto che sia consapevole delle ricadute che queste scelte hanno nella propria finanza personale.

Il Panorama europeo e possibili prospettive

Lasciando da parte per un attimo i due aspetti metodologici, se vogliamo i due antidoti che ho proposto per questa epidemia di irrazionalità, guardare il panorama europeo può aiutare a contestualizzare la problematica. Facendo una breve analisi, emerge chiaramente la specificità italiana rispetto ad altri Paesi. Ad esempio, in Nord Europa, la fiducia nell'acqua del rubinetto è decisamente superiore, con un consumo dell'acqua in bottiglia che si riduce fino al 10% di quanta non se ne consumi in Italia. Similmente, le biblioteche nei Paesi del Nord e del Centro Europa, come Germania e Paesi Bassi e soprattutto nel Regno Unito come già visto nel paragrafo dedicato, mantengono una forte funzione sociale e culturale, con elevati tassi di prestito e utilizzo da parte della popolazione, incentivati da investimenti pubblici mirati al riammodernamento di questi spazi, nonché da una solida tradizione civica. 

Questi esempi mettono in luce un limite strutturale del concetto di "homo oeconomicus", e la nostra bella Italia ne fornisce un esempio lampante: la razionalità economica, per quanto probabilmente connaturata a noi tutti, non riesce a spiegare pienamente le scelte degli individui, nelle quali pesano elementi psicologici, culturali e simbolici che incidono profondamente sul comportamento di consumo. Pertanto, se è vero che l'uomo segue spesso logiche di massimizzazione del profitto, è altrettanto vero che in numerosi ambiti prevalgono scelte irrazionali dal punto di vista economico, ma ricche di significati umani e sociali più profondi. Comprendere tali dinamiche consente di approfondire non solo i limiti della teoria economica tradizionale, ma anche di comprendere l’economia tout-court, spiegare come questa non sia fatta di scelte robotiche, e soprattutto che quei grafici, spesso percepiti come lontani ed inaccessibili, non siano altro che un tentativo, spesso eccessivamente approssimativo, di descrivere le nostre azione quotidiane, insensate e spesso confuse, tra le quali, ogni tanto, nei momenti di pausa, ci chiediamo: “Ma che cosa sarà mai questa benedetta economia?”.

BIBLIOGRAFIA

Gary Stevenson, “Trading game; il gioco dei soldi” (Milano: Hoepli, 2025)

Carl Menger, “Principi fondamentali di economia” (Cosenza: Rubbettino 2001)

George A. Akerlof, Robert J. Shiller “Animal Spirits: How Human Psychology Drives the Economy, and Why It Matters for Global Capitalism” (Princeton: Princeton University press, 2010)

Marie Léon E. Walras “Elementi di economia politica pura” (Milano: UTET, 2013)

Max Weber “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” 2ed. (Milano, Rizzoli, 1991) 

Riferimenti

[1]  Si vedano il canale YouTube “Garys Economics”, il suo bestseller “Trading game; il gioco dei soldi” (Milano: Hoepli, 2025), e ancora le sue varie profilazioni sul web, comprese le più scettiche riportate sul Financial Times.

[2]  Mi riferisco in particolare a Carl Menger, capostipite della scuola austriaca che chiarisce piuttosto bene questo concetto nei suoi “Principi fondamentali di economia”, disponibile in italiano nella traduzione di Raimondo Cubeddu edita da Rubbettino nel 2001.

[3]  A confermare la rilevanza di questo contributo la riedizione appena stampata da Mondadori nella collana Saggi Oscar, che comunque allego in originale: George A. Akerlof, Robert J. Shiller “Animal Spirits: How Human Psychology Drives the Economy, and Why It Matters for Global Capitalism” (Princeton: Princeton University press, 2010).

[4]  Purtroppo l’opera di Walras da un po' di anni non viene ristampata in italiano, è però facilmente consultabile in formato ebook: Marie Léon E. Walras “Elementi di economia politica pura” (Milano: UTET, 2013).

[5]  Vi sono altre stime, più recenti e leggermente inferiori come quella riportata in questo articolo di Euronews: https://it.euronews.com/green/2024/07/27/acqua-in-bottiglia-italia-in-testa-alla-classifica-europea-e-mondiale-perche-e-un-problema, in questo caso si parla di 208 litri, rimanendo comunque stabilmente primi in Europa e addirittura secondi nel mondo, dietro solamente al Messico, dove l’acqua del rubinetto però, non è affatto sicura.

[6]  Tutti i dati riportati, compresi quelli del Censis sono disponibili nel rapporto del 2018 stilato da Legambiente: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/dossier-acque_in_bottiglia_2018.pdf

[7]  I dati sono tratti da questa indagine del Censis del 2017 che consiglio di consultare in quanto, con semplicità, scava a fondo sulle motivazioni di questa particolarità tutta italiana: https://www.censis.it/economia/il-valore-sociale-del-consumo-di-acque-minerali/le-ragioni-del-consumo-di-acqua-minerale

[8]  Consiglio la visione della mappa valorizzata con i dati Istat del 2018 in questo aritcolo di Medico e Paziente: https://medicoepaziente.it/2021/obesita-in-italia-piu-diffusa-al-sud-e-tra-gli-uomini/, basandosi sui pil pro capite regionali, Puglia e soprattutto Emilia Romagna costituiscono due eccezioni rilevantissime in quest’ottica.

99642024.10.9/Rapporto_2024_sintesi.pdf?IDUNI=2gwbx5gkr1decv4yi0gerisx2087

[10]  Ibidem.

[11] Si parla di 30 milioni (https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblica-amministrazione/2024/12/biblioteche-trenta-milioni-piano-olivetti/) ma non è chiaro quanti siano dedicati alle infrastrutture e servizi e  quanti al patrimonio.

[13]  Sono stime effettuate spannometricamente che però ritengo essere difficilmente confutabili, la differenza di costo è sempre sostanziale in questi casi, ciò che sarebbe da approfondire, invece, è la qualità del servizio di traporto pubblico offerto, ma qui si apre un altro discorso che per brevità e coerenza non tratterò qui.